Sul Piccolo del 16 novembre us è stata pubblicata un’intervista con il Direttore Sanitario dell’EGAS, da cui dipende la SORES (Sala operativa regionale emergenza sanitaria) di Palmanova. L’oggetto dell’articolo erano i tempi di soccorso del 118, che in tutta la regione registrano pesanti ritardi.
Dal direttore sanitario dell’ente responsabile della centrale 118 ci saremmo attesi una attenta disamina del problema e una seria riflessione sul da farsi, perché dovrebbe essere evidente che arrivare in ritardo in 3 emergenze su 4 rappresenta un grosso problema.
Invece il direttore annuncia che la soluzione a cui si sta pensando è cambiare la norma e innalzare i tempi massimi di soccorso, portandoli dagli attuali 8 minuti in area urbana a una media di 18 minuti per tutte le aree, in quanto – afferma letteralmente il direttore – “restare sotto gli otto minuti, telefonata compresa, è quasi impossibile”.
Ma quando mai!
La durata di una chiamata di soccorso codificata in rosso è di 30 secondi – 1 minuto, il tempo di allertamento e partenza del mezzo di soccorso va dai 15-20 secondi, se via radio, al minuto se l’equipaggio è in sede, un mezzo con dispositivi di allarme in funzione percorre 1 km in area urbana in circa 1 minuto, in area extraurbana in 45 secondi, quindi il tempo di soccorso possibile è di 3-5 minuti in centro, di 5-7 minuti in periferia. Che erano i tempi di soccorso del 118 prima che si accorpassero le centrali a Palmanova e si inventasse il NUE 112.
Che il direttore sanitario abbia idee singolari sulle dinamiche del soccorso preoccupa. Ma che voglia addirittura legittimare il raddoppio dei tempi massimi di soccorso suscita grande allarme.
Il direttore prosegue: “Farcela nel 16% dei casi in città e nel 68% fuori città entro i 20 minuti non è risultato di poco conto.” Cioè arrivare in ritardo nell’84% dei casi in città è per il direttore un buon risultato.
Negli ultimi trent’anni tutte le organizzazioni sanitarie in tutto il mondo hanno cercato strategie per diminuire i tempi di soccorso nelle emergenze sanitarie, oggi il Friuli Venezia Giulia in questo campo sembra dissociarsi dal mondo e raddoppia i tempi di soccorso, cambiando i criteri, così si potrà arrivare tardi a norma di legge. E così tutti tutelati, tranne i cittadini.
Alla domanda se c’è qualche intoppo da ricercare nel Piano regionale dell’emergenza il direttore risponde candidamente: “Lo si potrebbe ipotizzare solo se avessimo dati precedenti statisticamente confrontabili e se questi risultassero migliori.” Con ciò dichiara che non esistono dati confrontabili di tutta l’attività 118 prima del 2017. Francamente incredibile: il 118 è informatizzato da almeno 10 anni e non ci sarebbero dati confrontabili?
L’ 11 agosto scorso sul sito ufficiale della Regione l’assessore Telesca dichiarava in merito alla Centrale unica che “si riducono i tempi di intervento”. E a tal proposito veniva specificato che: “Questo, in sintesi, quanto emerge dall’analisi dei primi dati comparativi a disposizione della Direzione Centrale Salute della Regione, che ha messo a confronto chiamate ed interventi effettuati tra il 4 aprile (giorno di avvio a Palmanova dell’attività della Sala operativa regionale emergenza sanitaria – Sores, ovvero la centrale unica del 118) e il 30 giugno 2017, e lo stesso periodo dello scorso anno, quando ancora tutto era gestito da quattro centrali provinciali.”
Quindi se i dati relativi ad aprile, maggio e giugno sono paragonabili, come attestato dall’Assessore alla Salute, perché non lo sono quelli del trimestre successivo? Da una parte l’Assessorato e la Direzione Centrale della Salute dicono che i dati sono comparabili, dall’altra parte l’EGAS dice il contrario.
Il Piano dell’emergenza urgenza della regione Friuli Venezia Giulia approvato con la DGR n° 2039 del 16 ottobre 2015 attesta che nel 2014 relativamente ai tempi di soccorso non erano state rilevate criticità nelle aree di Trieste e Gorizia, mentre a Udine e Pordenone risultavano numerose situazioni di mancato rispetto del tempo di 20 minuti, riportando anche una mappa dei comuni a “rischio” di ritardo.
In base a questi dati sono stati determinati gli standard di riferimento per definire il fabbisogno dei mezzi di soccorso sul territorio, come descritti al punto 5.2.1 del Piano in parola, sottoscritto da 30 direttori delle strutture di emergenza della regione. Ora si pongono seri dubbi sull’attendibilità di tali dati.
Sembra deliberato il considerare dati quando fa comodo e non considerarli se non fa comodo.
C’è bisogno di assoluta chiarezza, anche perché la materia in questione non pare trascurabile nell’ambito della tutela della salute, da cui l’esigenza che tutti i dati vengano resi pubblici.
Walter Zalukar
Presidente Associazione Costituzione 32
2 Responses
Non ci resta che farci gli auguri ed inviare un” pio” pensiero al soggetto autore di questo sfascio….
…come già postatoti qualche giorno fa in occasione di un incontro formativo presenti vari medici tra cui Antonaglia e L’assessore Telesca…. questi ultimi hanno esposto il funzionamento del NUE e della Sores senza cognizione di causa, parlando baggianate e ovviandole e sminuendole le criticità territoriali. Il sistema non funziona punto. Non lo ammettono e credo che per quanto possa stimare per conoscenza professionale il dott. Antonaglia moooolto meno la Telesca affermo che lavorare in un ufficio o in ospedale non è la stessa cosa di lavorare sul territorio!!! è un contesto totalmente diverso l’emergenza rispetto alla degenza e all’assistenza in strutture protette. Chi non ha fatto la “gavetta” in strada non potrà mai recepire le criticità operative e conseguentemente , non conocendone la realtà, creare disservizi…. sulla nostra pelle!!!!!!!! Mi manca tanto Tango Zero 🙁